Il Giornale di Latina mi intervista: sentenza della corte europea in merito di GPA
L’Italia non ha violato il rispetto della vita privata e familiare di una coppia sposata a cui nel 2012 è stato tolto il figlio (subito dato in affidamento a un’altra coppia) nato in Russia da madre surrogata. Questo il fulcro della sentenza della grande camera della Corte Europea dei diritti dell’uomo che si è pronunciata il 24 gennaio scorso ribaltando una precedente sentenza della stessa Corte Europea. All’italia si riconosce di aver agito in ossequio a importanti leggi nazionali che sarebbero altrimenti state violate. Il provvedimento ha riacceso il dibattito sulla pratica dell’utero in affitto di cui molto si parla ma poco si conosce e che, seppur vietata in Italia, matura i suoi effetti anche nel Bel Paese se almeno uno dei due coniugi mantiene un legame biologico con il nascituro. Una pratica a cui ricorrono non solo coppie omossessuali ma anche, anzi sono la maggioranza, etero. Una sentenza, quella di Strasburgo che, seppur non vietando la pratica, dà nuova linfa ai movimenti pro-vita e pro famiglia tradizionale. Ne abbiamo discusso con Emmanuele Di Leo uno dei fondatori del comitato Difendiamo i nostri Figli e presidente dell’associazione Steadfast Onlus, impegnata tra l’altro nella salvaguardia dei diritti delle donne in Africa.
Di Leo, la corte di Strasburgo ha dichiarato legittimo l’allontamento di un bambino nato con la pratica dell’utero in affitto avviata in Russia da una coppia italiana. Per voi questo rappresenta un successo, perché?
Ni, non si tratta di un vero successo ma di un passo in avanti. In realtà la grande camera della corte alla quale l’Italia ha fatto ricorso dopo una prima sentenza di condanna, ha valutato come il nostro Paese non abbia violato, ex art. 8 della carta dei diritti dell’uomo, il rispetto della vita privata e familiare. Ma questo perché la coppia che aveva usufruito della maternità surrogata aveva ricevuto il figlio da pochi mesi non creando quindi un vincolo familiare ritenuto tale e perché anche in Russia aveva commesso un reato. In quel paese infatti il ricorso alla pratica dell’utero in affitto è permesso ma solo se uno tra quelli che io definisco non genitori, doni seme oppure ovulo. Insomma si richiede un collegamento biologico con uno dei due aspiranti genitori. Peraltro nella sentenza la corte europea lascia la libertà allo Stato si sanzionare e vietare la pratica della maternità surrogata che però in alcuni casi si è costretti ad accettare nei suoi effetti. Il cavillo su cui noi andremo a operare per fare pressione sarà proprio questo.Nel momento in cui gli unici due mezzi per essere considerati genitori sono o la fecondazione assistita con esistenza di legame biologico oppure l’adozione internazionale, di fatto occorrerà far rispettare la legge vietando ogni altro tipo di richiesta.
La corte non ha però dichiarato che la pratica, contro cui voi vi battete, sia illegale
No non l’abbiamo sconfitta ma si tratta comunque di un segnale, anche se riguarda un caso specifico, che mostra un passo in avanti dell’Europa e di fatto apre a un dibattito serio in tema di maternità surrogata. Noi adesso avremo una sentenza di appoggio per fare pressione sul governo italiano ma anche sugli altri governi europei per l’apertura di un tavolo di dialogo tra governi perché altrimenti si crea una disparità di trattamento inaccettabile.
Cosa c’è di così deplorevole, per voi del comitato, nella pratica dell’utero in affitto?
In primis ci sono due soggetti che la subiscono. La prima è la madre surrogata, che molto spesso si trova in difficoltà economica e per questo accetta di partecipare. Si tratta poi di una gravidanza contrattuale, dove la donna subisce una sorta di schiavitù: non si può muovere, deve mangiare determinate cose ed è soggetta a tutto quello che i non genitori le hanno fatto sottoscrivere. Senza contare che, trattandosi di un contratto, se il prodotto non fosse di gradimento si procederebbe al suo smaltimento, ossia all’aborto, e a una nuova inseminazione. Il secondo soggetto che la subisce è poi il figlio. Bisogna uscire dall’assunto che il diritto sia quello di avere un figlio, il diritto semmai è quello del figlio ad avere una famiglia.
Spiegata in questo modo sembra di trovarsi di fronte a una moderna forma di eugenetica
E’ così. L’ultimo caso riguarda una coppia omosessuale australiana che ha fatto ricorso alla pratica dell’utero in affitto in Thailandia. La madre surrogata ha dato alla vita due gemelli di cui uno affetto da sindrome di down. Bene, la coppia ha rifiutato quest’ultimo, da contratto ne voleva uno solo e sano, e ha scelto l’altro. Basta poi andare sui siti delle compagnie che offrono il servizio di maternità surrogata per vedere come le madri siano selezionate per colore di occhi e capelli, estrazione sociale e studi effettuati. Non bisogna poi dimenticare la creazione di vere e proprie tratte che stanno prendendo corpo soprattutto nei paesi del terzo mondo. Qui i criminali locali offrono donne a prezzi convenienti alle aziende occidentali che praticano la maternità surrogata e spesso si affidano a intermediari che non vengono sostanzialmente controllati.
Il caso trattato dalla corte mostra come alla maternità surrogata ricorrano anche coppie etero, insomma non si tratta solo di un escamotage per aver un figlio da parte di coppie omosessuali, come si spiega questa tendenza?
Partendo dal presupposto che per noi la pratica è sbagliata senza distinzione di genere, questa tendenza credo che potrebbe essere invertita qualora si mettesse mano alla legge sulle adozioni. In Italia è tutto bloccato: da tre anni l’organo governativo per le adozioni non si riunisce e sembra quasi che si voglia lasciare tutto così com’è per favorire questo nuovo mercato. Ma questo è un grave problema, perché ci sono tantissime famiglie che stanno aspettando per poter adottare un bambino e tanti bambini che stanno aspettando di poter entrare in una famiglia, mentre tutto resta in stand by e si favorisce una pratica che sfrutta le donne e priva il bambino di una famiglia normale. Ma se già i bambini adottati hanno difficoltà a capire l’atto di amore che è stato fatto nei loro confronti e cercano di risalire alle loro origini, come si potrebbe spiegare a un bimbo, che chiede chi siano i suoi genitori, che è stato procreato con un seme di un uomo e con l’ovulo di un’altra donna che è stato impiantato in un’altra donna ancora e poi è stato cresciuto da altre due figure?
In Italia il diritto di famiglia permette, in caso si realizzino alcune condizioni, l’adozione del figlio biologico del partner e non specifica se si debba trattare di coppia etero o omosessuale. Riconosciute le unioni omosessuali con la legge Cirinnà questo ha permesso, e alcune sentenze lo dimostrano, il riconoscimento di un figlio nato con la pratica della maternità surrogata. Nello stesso tempo però una coppia etero e sterile rischia di vedersi allontanato il figlio nato con la stessa pratica (ma senza l’utilizzo di ovulo o seme interni alla coppia). Non si tratta secondo lei una disparita di trattamento che può generare confusione?
Non è così semplice adottare il figlio del coniuge, serve comunque il decreto del tribunale ma si è possibile. L’esistenza del cortocircuito giuridico è evidente ma è per questo che noi chiediamo di metterci a un tavolo anche con i movimenti Lgbt e con i governi europei. Dobbiamo poi tornare a considerare il soggetto di diritto da proteggere il bambino e non gli aspiranti genitori, una battaglia questa che ci vedrà sempre in prima linea.
Commenti
Posta un commento