SOLCHI DI QUALITÀ?

Il 21 giugno 2019 il giudice Natalie Lieven ha stabilito che una ragazza che vive nel Regno Unito deve essere costretta ad abortire il suo bambino non ancora nato di 22 settimane.
La sentenza è stata data in Corte di Protezione, un tribunale speciale i cui poteri sono definiti dal Mental Capacity Act del 2005 e che tratta casi nei quali le persone interessate sono ritenute mentalmente incapaci di prendere decisioni autonome

Il giudice è noto per aver difeso in passato l’associazione che aiuta le donne ad abortire BPAS e la sua affermazione che “la legge sull'aborto nell'Irlanda del Nord è simile alla tortura"
Lieven ha affermato di essere "acutamente cosciente" che ordinare un aborto per una donna che non ne vuole uno è "un'intensa intrusione" da parte dello stato ma che “Deve operare nel [suo] migliore interesse, non basandosi sulle opinioni della società in merito all’aborto”.
Ha anche aggiuntto che sarebbe stato più traumatico se la donna avesse perso la custodia di suo figlio, che sarebbe stato un "vero bambino" dopo la nascita.

Ciò che si rende noto è che la donna, nigeriana, cattolica, ha circa vent'anni e le è stata diagnosticata una disabilità di apprendimento moderatamente grave. 
Non è possibile citare altri particolari, tra cui il nome della ragazza, perché, presumibilmente la Corte ha stabilito un “gaggin order” cioè un ordine che limita le informazioni o i commenti che possono essere resi pubblici o trasmessi a terze parti non autorizzate. 
In questo modo la famiglia viene privata del diritto di parola e non le viene permesso di spiegare la sua versione della vicenda.

Inutile dire che si stanno ignorando completamente tutti i diritti del bambino, la cui mamma si dice pronta ad accoglierlo con l’aiuto della nonna che si dice sicura che sia stata “sottovalutata la sua capacità di comprensione”
Si stanno violando i fondamentali diritti della donna incinta che desidera che il suo bambino nasca.
La ragazza viene seguita da un assistente sociale che è in completo disaccordo con i medici e il team legale che assiste la famiglia ha dichiarato non c'erano "prove adeguate" per la loro richiesta.

Oggi, 24 aprile, la Corte di Appello, presieduta da Lord Justice McCombe, Lady Justice King and Lord Justice Peter Jackson, ha ripristinato la giustizia.
Secondo quanto riporta la Press Association, i giudici hanno dichiarato che avrebbero rilasciato una spiegazione completa della loro decisione in un secondo momento, ma che le circostanze del caso erano "uniche".
L’associazione che segue la famiglia invece non si fermerà dichiarando che chiederà al Dipartimento della Salute di rivelare con urgenza quante donne sono state costrette ad abortire nel Regno Unito negli ultimi 10 anni e di chiarire come faranno in modo che non si ripeta.
Resta da capire come si comporteranno i medici ovvero se ricorreranno alla Corte Suprema.
Nel frattempo resta da capire come sia possibile che un giudice pro aborto sia chiamato a decidere su un caso simile nell’Inghilterra dei diritti.
Dove tutti si riempiono la bocca con la possibilità di scegliere ma poi al lato pratico lo Stato si permette di interferire ad ogni livello della vita privata delle persone.
Dopo aver assistito a giudici che dichiaravano che il “best interest” di Charlie, Isaiah, Alfie e altri come loro fosse solo morire ora il “best interest” è l’aborto.

Il concetto della qualità della vita e della vita di qualità continua a scavare solchi profondi nella nostra cultura stravolgendone di netto il significato.
Ci vuole essere inculcato che se non sei perfetto per la società non conti, sei un peso.
Un bimbo disabile non ha possibilità, così una mamma disabile non merita di avere figli e il suo bambino non conta nulla in quanto figlio di una persona di serie B.

Non è questa la società per cui mi alzo la mattina e combatto.
Lo prometto, fino all’ultimo giorno della mia vita mi impegnerò in difesa dei più deboli.

Ogni vita è degna di essere vissuta. Ogni vita vale. Senza eccezioni.

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