LA GUERRA TRA POVERI È IL RISIKO DEI POTENTI


La situazione nel Sahel e in Africa Subsahariana è decisamente calda. Dopo il colpo di stato in Niger, con il conseguente appoggio di Mali e Burkina Faso, ora anche il Gabon attua un golpe spodestando il presidente eletto sabato scorso.

È evidente che in molte parti dell’Africa si sta respirando un’aria antifrancese e una gran voglia di un’Africa totalmente indipendente. Una situazione che desta grande preoccupazione per l’Europa e specialmente per noi italiani che siamo il porto di approdo per chi scappa da rivoluzioni, guerre interne e carestie. Uno scacchiere geopolitico, quello africano, in totale evoluzione.


Mentre il presidente francese butta benzina sul fuoco dichiarando che “la Francia è dalla parte giusta della storia”, il Niger con il neo-governo golpista, dopo l’ultimatum di 48 ore ai diplomatici francesi in cui intima di lasciare il paese, toglie acqua, energia e rifornimenti di cibo all’ambasciata di Macron e alle basi militari francesi nel territorio nigerino.


La situazione in Niger è grave e come dichiarato da UNHCR locale, c’è tanta apprensione per il rapido deteriorarsi della situazione umanitaria. Infatti il Paese continua a essere oggetto di attacchi condotti da gruppi armati, specialmente nei pressi delle frontiere con il Mali e il Burkina Faso. Nell’ultimo mese, violenze e aggressioni hanno generato oltre 20.000 nuovi sfollati interni.


Per cercare di limitare i danni e ristabilire un controllo dell’area è intervenuta ECOWAS, ossia, Economic Community of West African States, organizzazione nata con il trattato di Lagos nel 1975 ed oggi presieduta dalla Nigeria. ECOWAS svolge un ruolo importante nel mantenimento della sicurezza nella regione del West Africa, svolgendo, con AU (African Union) e le Nazioni Unite, un’opera di mediazione in scenari di crisi. ECOWAS dopo un approccio iniziale improntato su un intervento armato nel territorio nigerino, ha cambiato momentaneamente strategia, imponendo sanzioni al Niger che hanno iniziato a produrre degli effetti molto forti in una fase decisamente delicata dell’anno: la transizione dalla stagione agricola a quella delle piogge. I prezzi di cibo e altre materie, in aumento da prima della crisi, sono ulteriormente incrementati a seguito delle sanzioni e sono destinati a crescere ancora, dal momento che la chiusura delle frontiere coi Paesi ECOWAS porterà a una riduzione della disponibilità di alimenti e altri beni.  


Una tragedia nella tragedia e a pagarne le spese è la povera gente che diventerà ancora più povera in un territorio già martoriato dalla carestia. Attualmente in Niger sono 700 mila le persone in fuga tra rifugiati, richiedenti asilo e sfollati interni. Una bomba umanitaria che naturalmente si riverserà come flusso migratorio verso l’Europa e la nostra Italia. Sempre secondo i dati UNHCR il costo della vita, insicurezza e l’instabilità del Paese con annessi rischi in materia di protezione, hanno fatto aumentare le violenze sessuali e la tratta di esseri umani. Come già detto in precedenza, solo tra fine luglio e fine agosto si è rilevato una presenza di circa 20.000 nuovi sfollati interni, senza escludere i transiti nei pressi dei confini nazionali con oltre 2.500 persone provenienti da Nigeria, Mali e Burkina Faso. Numeri decisamente preoccupanti.


Il Sahel è un’area critica e il Niger da tempo rappresenta un hub per i richiedenti asilo e un crocevia di flussi migratori misti. Terreno perfetto per una partita a risiko tutta da giocare tra occidente ed oriente. Assistiamo quindi ad un territorio in cerca di libertà o alla disfatta di una preda “facile” per le super potenze che aspettano il momento propizio? Russia, Cina, Francia, Stati Uniti, Inghilterra, Germania… ognuno è in attesa di muovere i suoi pedoni sullo scacchiere per capire come allargare i suoi investimenti. L’Italia, con il suo nuovo governo, opta per una strategia differente, offrendo l’idea di un Paese non predatore, ma cooperante.


E mentre l’Algeria avanza una proposta per una soluzione diplomatica alla questione nigerina, che verrà valutata nelle prossime settimane, ossia quella di escludere un intervento militare, proponendo un ritorno all'ordine costituzionale entro 6 mesi con la partecipazione di tutte le parti senza esclusione e sotto la supervisione di un'autorità civile con una personalità consensuale, il Gabon ne approfitta e sull’onda rivoluzionaria del Sahel, depone il Presidente appena eletto con un colpo di Stato. Dalle prime immagini pervenute dal web, il popolo esulta acclamando i golpisti al grido di “libertà”, sarà realmente così o passerà dalla padella alla brace? 


Sicuramente nei prossimi mesi la crisi umanitaria con il conseguente flusso migratorio aumenterà e sarà un annoso problema che coinvolgerà principalmente il nostro bel Paese che, colpevole delle sue politiche di «Africa per l’Africa», si ritrova venti predatori che soffiano sulla rivoluzione per arginare quel «rapporto tra pari» che tanto piace ai Paesi africani.


di: Emmanuele Di Leo





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