NEONATI KIEV: L’ITALIA RENDA SUBITO EFFICACI LE PROPRIE NORME CHE CONTRASTANO LA PRATICA DELL’UTERO IN AFFITTO.


Biotexcom è solo una delle tante agenzie di maternità surrogata che operano in Ucraina. In questi ultimi mesi quanto sta accadendo a Kiev in merito all’utero in affitto, ha avuto grande risalto sulle pagine di molti quotidiani italiani ed europei. Almeno cento sono i bambini prodotti in questo periodo da questa clinica di surrogacy ucraina. Neonati, partoriti tramite madri surrogate, che oggi si ritrovano sospesi in un limbo. Bambini commissionati da cittadini che provengono da differenti Paesi e che, causa il lockdown per l’emergenza COVID-19, non sono stati consegnati ai loro acquirenti. Tra questi ci sono anche committenti di nazionalità italiana.

Come sappiamo la legge n. 40/2004 vieta espressamente il ricorso, in Italia, alla tecnica della “surrogazione di maternità” e prevede quale sanzione, art. 12 comma 6, «la reclusione da tre mesi a due anni e la multa da 600.000 a un milione di euro». Quindi ci ritroviamo con dei cittadini italiani che volutamente, o non sapendolo (?), stanno violando la legge commettendo un gravissimo reato. Nella realtà dei fatti però sembra non essere così. Infatti chi utilizza la pratica di maternità surrogata all’estero, dove vi sono ordinamenti che consentono di accedervi, ha imparato ad utilizzare un escamotage che permette, in concreto, di eludere la legge italiana. Vediamo in cosa consiste.

Uno dei primi Paesi ad attirare coppie italiane interessate alla maternità surrogata è stata proprio l’Ucraina, che favorisce tuttora il ricorso a questa pratica non soltanto grazie alle numerose strutture sanitarie in grado di accogliere domande provenienti da ogni parte del mondo, ma anche attraverso una burocrazia che consente e facilita l’espletamento delle pratiche relative alla registrazione della nascita. La donna, madre surrogata, attraverso un atto notarile rinuncia a riconoscere il bambino portato in grembo, che sarà dunque riconosciuto come figlio della coppia committente.

Da questo escamotage giuridico nascono due questioni di particolare rilevanza.
La prima questione attiene alle conseguenze penali delle condotte espletate dai genitori committenti e in particolare all’applicazione delle sanzioni di cui all’art. 12 della legge 40/2004 e degli articoli 495 c.p. e il 567 c.p., che in ordine regolamentano, la falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sull’identità e l’alterazione di stato.
Nonostante si presuppone quantomeno una segnalazione all’autorità giudiziaria italiana da parte dei funzionari del consolato o dell’ambasciata in loco, con comunicazione dei nomi dei genitori committenti sulla base del sospetto ricorso alla maternità surrogata,  la giurisprudenza è orientata alla non applicabilità della sanzione dell’art. 12 della legge 40/2004. Questo perché il fatto è avvenuto all’estero dove la pratica di utero in affitto è lecita ed emerge un contrasto giurisprudenziale che esclude la rimproverabilità della condotta in ragione dell’incertezza. Ugualmente nulla è l’applicazione degli art. 567 e 495 c.p. ritenendo che, laddove l’iscrizione anagrafica sia avvenuta nel rispetto delle leggi del Paese di nascita del bambino (Lex loci), non possa configurarsi né l’alterazione di stato né la falsa attestazione al pubblico ufficiale. Quindi fatta la legge, trovato l’inganno.

La seconda questione attiene alla trascrivibilità o meno nei registri dello stato civile italiano dell’atto di nascita formato all’estero che riconosce come genitori i committenti della maternità surrogata.
Su questo punto è in corso tuttora ampio dibattito da parte della Cassazione che lascia emerge tutta la farraginosità di un sistema giurisprudenziale complicato ed incoerente. Inizialmente la Cassazione si espresse nel 2016 ritenendo tali atti trascrivibili, non ravvisando alcuna contrarietà con l’ordine pubblico e non reputando di particolare importanza la circostanza della tecnica riproduttiva utilizzata, nonostante sia vietata ai sensi della legge n. 40/2004. Successivamente la Cassazione, a Sezioni Unite, ha ribaltato questo orientamento affermando la non trascrivibilità dell’atto di nascita e mettendo in evidenza che nel nostro ordinamento il divieto di maternità surrogata è elevato a rango di principio di ordine pubblico, posto a tutela della dignità della gestante. In questa occasione ha anche riconosciuto il principio dell’ordinamento italiano in tema di filiazione e dignità della persona rispetto quelli di altri ordinamenti stranieri che contrastino con essi. Recentemente la Prima Sezione della Cassazione è intervenuta nuovamente, sollevando questione di legittimità costituzionale dell’art.12 co. 6 della legge n. 40/2004, dell’art. 18 del d.p.r. n. 396/2000 e dell’art. 64 co. 1 lett. g. della legge n. 218/95 riportando in auge uno dei cavalli di battaglia dei supporter pro Maternità Surrogata, che ritene necessaria la trascrizione dell’atto di nascita all’estero nell’interesse del minore, per evitare di recargli un pregiudizio. Argomento basato su un presupposto del tutto errato. E' proprio la maternità surrogata ad essere lesiva della dignità umana, compresa quella dei minori, che hanno prima di tutto il diritto a non essere trattati come oggetti. Infatti, nella maternità surrogata i minori sono sempre “oggetto di contratto”, considerati quali mero strumento di realizzazione dei desideri di persone che vogliono appagare il proprio desiderio di genitorialità.

Da quanto descritto è evidente che gli strumenti previsti dalla nostra legislazione per contrastare la maternità surrogata, sono completamente inefficaci poichè gli stessi giudici mettono in discussione la loro stessa applicabilità. E’ oltremodo chiaro che, per dare concretezza al contrasto dell’aberrante  pratica dell’utero in affitto, sia necessario intervenire a livello legislativo, prevedendo in maniera chiara la punibilità di chi commette azioni illecite, indicate nella legge 40/2004, anche se compiute all’estero. Sono stati presentati sei Disegni di Legge e quattro Proposte di Legge che hanno messo in evidenza l’improrogabile necessità di modificare dell’art. 12 della legge 40/2004, per punire la realizzazione, organizzazione o pubblicizzazione della commercializzazione di gameti o di embrioni o della surrogazione di maternità anche per fatti compiuti all'estero.
Grazie a questa indegna pratica, ogni giorno vengono compiute violazioni dei diritti fondamentali dei bambini, che si ritrovano ad essere meri oggetti commerciali, venduti e stoccati per appagare un desiderio egoistico di genitorialità. Ogni giorno grazie a questa pratica, donne sono vittime di una tratta silenziosa che facendo leva sull’indigenza, sfrutta il corpo femminile riducendolo ad un mero contenitore atto a sviluppare un mercato becero sulla pelle di esseri umani.

Emmanuele Di Leo

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